Nella fine è l'inizio
Nella fine è l’inizio.
In che mondo vivremo
Chiara Giaccardi
Mauro Magatti
Edizioni Il Mulino
15 €
Quello che viviamo nel nostro sentire quotidiano nelle nostre relazioni reali o virtuali nei social spesso sono fenomeni che non comprendiamo e/o crediamo di comprendere, i sociologhi c’è li spiegano ! E vederli così, fa impressione, ma ci aiutano a valutare meglio il mondo in cui siamo “immersi”.
Anche le stesse cose che viviamo nelle nostre parrocchie, comunità centri di aggregazione, le dinamiche, i dubbi e le fatiche hanno una loro “spiegazione” una dinamica che è interessante conoscere.
I vari processi politici ed economici - di cui forse la maggioranza di noi non è In grado di comprenderne le dispute ed i dettagli, in realtà sono l’espressione di un pensiero, una filosofia, figlia del nostro tempo. Nulla è a caso c’è un filo conduttore che porta da qualche parte. Ed è sempre più importante, direi indispensabile conoscerlo per capire e scegliere il futuro nostro, dei nostri figli o comunque delle nuove generazioni, per decidere dove vogliamo andare.
E’ un libro consigliato a tutti coloro che in qualche modo hanno un ruolo nel sociale, sia esso grande o piccolo, dalla grande associazione di volontariato o politica sia a piccolo gruppo di solidarietà in ambito parrocchiale o simile. Perché anche piccole ed innocue decisioni, possono fare la differenza.
Abbiamo bisogno di “fare rete” riscoprire relazioni e vicinanza
Come al solito riporto alcuni estratti, non spaventiamoci per termini poco familiari, leggendo e tutto il testo si comprendono meglio.
***
Pg 38
Alle nostre spalle ci sono 3 decenni della modernità liquida. Un modello sociale basato su un’idea semplice: il sistema tecno-economico, quanto è più liberato dagli impacci che lo bloccano, tanto più è in grado di aumentare le possibilità di vita di cui poi ogni singolo individuo, in base alle proprie capacità, può beneficiare.
pg 43
Il resiliente non è il sopravvissuto. E’ chi ha guardato in faccia la morte, e da questo vis a vis, ha acquistato una consapevolezza nuova sul senso della vita.
La resilienza è dunque una risposta alla situazione traumatica, che fa i conti con il rischio senza negarlo, ma se mai assumendolo
Pg 46
La società post-coronavirus ha bisogno di una ristrutturazione delle nostre cornici temporali. Non c’è resilienza senza una prospettiva di medio-lungo termine.
Ciò significa che il livello di benessere individuale e sociale va concepito e perseguito in una distribuzione equa dal punto di vista intergenerazionale, assicurandosi che il profitto attuale non comprometta il futuro delle generazioni a venire.
Patrimonio vuol dire dono, dovere del padre. Cioè di una generazione nei confronti della successiva. La crescita che abbiamo realizzato, basata unicamente sulla moltiplicazione del consumo individuale è invece tutta concentrata sul presente.
Pg 47
Patrimonio e resilienza sono parole che vanno insieme
Si tratta di recuperare un po’ della saggezza contadina che sapeva che lo sfruttamento inesausto del terreno porta alla carestia.
Pg 59
Che lo vogliamo riconoscere o no, che ci piaccia o no siamo tutti in relazione, tra di noi e con l’ambiente, biologicamente e tecnologicamente e il comportamento di ciascuno condiziona quello degli altri, e non solo nel presente. Non è più possibile pensarci come individui-isole.
Siamo tutti sulla stessa barca …. e non è una metafora, ma un fatto molto concreto.
L’essere in relazione è la condizione stessa della nostra esistenza.
Da un lato l’ “altro”, in quanto portatore potenziale di infezione, diventa un pericolo
Improvvisamente il pericolo non viene più dall’alieno del totalmente altro, ma dalle persone che amiamo, di cui ci fidiamo.
Pg 61
La forzata immobilità, questo limite imposto, non è stata solo privazione, ma anche occasione di consapevolezze nuove. Per esempio, scoprire che si può vivere anche senza le corse a cui eravamo abituati e che ci parevano irrinunciabili.
E così lo spazio “confinato” ha dilatato il tempo, rompendo lo schema della compressione spazio-temporale della tarda modernità; abbiamo potuto riscoprire il silenzio.
...la fisicità del corpo conferisce quello spessore di
realtà senza il quale la vita sociale non si regge
Pg 63
E così il confinamento ha reso evidente l’insostituibilità della fisicità dell’incontro.
Ma anche la consapevolezza che la fisicità del corpo conferisce quello spessore di realtà senza il quale la vita sociale non si regge
Pg 64
Abbiamo capito che nessuno può stare senza l’altro. Le persone sole si sono trovate in seria difficoltà, e il loro confinamento è stato molto più pesante.
I ragazzi si sono accorti del valore della scuola, fatta di relazioni con i compagni e insegnanti e non solo di studio.
La sottrazione dell’altro lo ha reso un bisogno, un desiderio.
Senza gli altri non riusciamo a vivere. Ed è da qui che dovremo ricominciare
Pg 67
Così la pandemia ci ha messo di fronte a una dimensione non tecnica, bensì antropologica della connessione: che lo vogliamo riconoscere o no, che ci piaccia o no siamo tutti interconnessi. Biologicamente, culturalmente, economicamente, politicamente
Siamo tutti autonomie e tutti dipendenti.
Non esistono individui o luoghi – isole.
Il virus ci aiuta a capire che tutti condividiamo lo stesso pianeta; che nessuno è davvero totalmente indipendente separato dagli altri;
Pg 68
Al contrario del globalismo, la globalità è però intimamente legata al senso del limite
Pg 71-72
Qual è il mondo che ci aspetta?
Noi oggi non vediamo con chiarezza che forma prenderà il futuro. Ma sappiamo che a differenza di quanto abbiamo pensato nel post ‘89, frontiere e confini non spariranno. E ciò non è un male perché per vivere abbiamo bisogno di limiti. Non però ermetici o soffocanti, bensì porosi e comunicanti.
Pg 76-77
Il post-covid non potrà ignorare la sfida di un pensiero all’altezza dell’interdipendenza…
Limite e relazione hanno bisogno di essere declinati di nuovo.
La connessione che ci lega non è un hub di individualità in rapporto revocabile, ma una infrastruttura permanente di interdipendenze, dove indipendenza e legame non solo non si contrastano ma sono l’uno la condizione dell’altra. Vita tua, vita mea: lo abbiamo visto con chiarezza nei giorni più critici.
E’ dal 2008 che il globalismo della società della connessione è entrato in crisi cedendo spazi crescenti al localismo populista fondato su forti richiami identitari.
Con il covid il globalismo non regge più.
Pg 79
L’idea di un uomo autonomo capace di libera scelta e giudizio morale costituisce uno dei presupposti della modernità.
In fondo, gli ultimi secoli altro non sono che un titanico sforzo per affermare quest’idea dal punto di vista politico (democrazia) economico (il mercato) e culturale (sfera pubblica).
Solo riconoscendo quello che Simmel chiama “principio relazionalità” per cui tutto è in relazione con tutto, si può arrivare a considerare “l’imprescindibile circolarità” esistente tra la struttura della realtà e il soggetto.
Pg 80
La pandemia colpisce una società che negli ultimi decenni si è inebriata dell’idea di libertà. La fine del novecento ha segnato infatti l’ultima tappa della marcia trionfale (almeno in occidente) dell’io individuale
“..1987 la Tatcher..la società non esiste: esistono soltanto gli individui; uomini e donne e le loro famiglie”
Un’ affermazione che legittimava un sentire condiviso
Da questa cultura individualista maturata nel corso di tutta la modernità è nata quella che Beck ha poi chiamato “società individualizzata”, un mondo in cui l’organizzazione della vita sociale e della sua quotidianità si è plasmata a misura del singolo io.
Il neoliberismo è stato così il compimento storico e culturale del cammino dell’individualismo
Il neoliberismo abbia travalicato i confini ideologici (di destra) in cui si è formato e si è trasformato a seguito di un evento simbolicamente così’ decisivo come il muro di Berlino…
Dalla macerie del Muro nacque anche una nuova società…centrata proprio attorno all’idea di libertà individuale.
Pg 82
(riporto come schema)
Il problema è che quanto più l’io veniva esaltato, tanto più veniva anche svuotato
Processo secondo Baumann:
la prima: attraverso la Adiaforizzazione /rendere indifferente/ marginalizzazione > eliminazione totale dei criteri morali della valutazione della desiderabilità delle azioni umane (testo la società dell’incertezza)
la seconda: la burocratizzazione (nel testo Modernità e olocausto)
espropria i soggetti umani dalla responsabilità morale per le conseguenze delle loro azioni
l’io contemporaneo si accontenta di un ideale di vita basato sulla ricerca del godimento immediato offerto dal mercato
tra il 2008 e il 2020 l’equilibrio dinamico su cui si reggeva il neoliberismo- liberazione del desiderio individuale per sostenere i consumi e far girare così l’economia…è entrato in crisi
Pg 86
per poter prendere parte alla vita sociale ..forniamo i nostri dati e ci rendiamo rintracciabili
nel mondo post-panottico (riferimento Baumann e Lyon – forma efficace di controllo dei soggetti)
esporsi alla sorveglianza diventa un gesto spontaneo e quotidiano e inavvertito
Primo, perché farsi osservare significa non avere nulla da nascondere
Secondo: perché tutti vogliamo evitare di restare anonimi e soli, l’esibizione pubblica diventa una virtù, se non addirittura un dovere.
Il problema è che le nostre tracce digitali sono materiali utilizzati da potenti gruppi di interesse per classificarci… allo scopo di estrarre valore economico
Questo viene definito CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA (rif libro di Shoshana Zuboff)
A differenza del capitalismo burocratico-manageriale, quello della sorveglianza non si nutre solo di lavoro, a differenza di quello consumerista, esso non si alimenta solo di consumo. Lo spettro di azione diventa ben più ampio fino a ricomprendere ogni aspetto della vita personale e sociale
La posta in gioco è la normalizzazione dell’uso di protocolli e dispositivi fino ad oggi rifiutati, semplicemente perché la privacy è un bene astratto, mentre (come di Harari) la salute è concreta “quando la posta in gioco è la sopravvivenza, tra salute e privacy solitamente le persone scelgono la salute”
La paura di infettarsi è alla base dell’ampio consenso che si è registrato attorno agli interventi limitativi…
non c’è dubbio che il covid costituisca uno straordinario acceleratore della società della sorveglianza,
pg 97
Uno dei problemi di fondo della cultura contemporanea è proprio quello di avere sgravato l’individuo della responsabilità delle proprie azioni
Senza responsabilità, la libertà viene privata della sua sostanza…
Una concezione da cui deriva un’idea astratta della libertà tipica dell’individualismo dei nostri tempi
Nelle settimane del contagio il nesso tra libertà e responsabilità si è illuminato di luce nuova; abbiamo capito che la realtà esiste, e che siamo chiamati a rispondere alle sfide che ci pone, e abbiamo capito che ciascuno è responsabile di ogni libera azione, perché ogni libera azione comporta conseguenza sugli altri e sul mondo di cui siamo parte. Non è dalla somma di egoismi individuali che può scaturire il bene comune, ma dal fatto che ciascuno, tenendo conto del fatto che ci sono altri, agisca (liberamente) di conseguenza.
Coloro che hanno lavorato durante il tempo del lockdown con turni massacranti e rischiando il contagio (operatori sanitari, polizia, giornalisti etc) hanno realizzato dei comportamenti responsivi
Pg 100
L’essere umano capace di generosità, di andare al di la del proprio interesse, di sbilanciarsi oltre se stesso, verso gli altri, in nome di un comune appartenere.
E’ l’altro, col limite che pone al nostro io, a liberarci dal ripiegamento a una sopravvivenza che ci sminuisce…ma vivere pienamente (anche a costo di morire) ciò che ci rende veramente umani e liberi
L’alternativa è la vita responsiva, sapendo che la salute (come assenza di malattia che fugge la morte) non vale quanto la salvezza (una vita vissuta in pienezza, oltre al se anche a rischio di morire)
La ri-scoperta dei mesi dell’emergenza, una verità elementare eppure così ostica nel contesto storico alle nostre spalle, è dunque che la libertà è una relazione. Si è liberi solo gli uni rispetto agli altri
Pg 103
La responsività ha dunque questa caratteristica; è il contrario della ripetizione, dell’inerzia, della reazione ed è capace di rispondere alle sfide della situazione con geti inediti e cambiamenti anche radicali, superando gli interessi parziali e cercando di promuovere un bene che sia per tutti.
Pg 105
Sulla scia del capitalismo della sorveglianza che sta cercando di imporsi
..l’unica via possibile è quella di declinare la libertà nel codice della responsività
Pg 106
La teoria moderna della democrazia si fonda su un principio fondamentale: il potere serve , ma non c’è un potere buono. Il potere per sua natura tende a prendere il sopravvento sulla realtà pretendendo di dominarla.
Pg 107
Per l’occidente si pone così una domanda cruciale; come utilizzare le tecnologie digitali senza finire nella società della sorveglianza? Le democrazie avranno la forza di tornare a scommettere ancora una volta sulla persona (qualcosa di più del semplice individuo)
Pg 113
La società contemporanea è organizzata intorno al principio della potenza tecnica…dominare la natura fino a crearne una nuova.
La potenza tecnica ha soppiantato tanto quella divina (chi si rivolge più a Dio dei cieli per ricevere una guida sulle questioni mondane) quanto quella politica: lo stato, il partito, la classe non sono più visti come i soggetti capaci di trasformare il mondo
Pg 114
La crescita
Avendo preso il posto dell’’aldilà religioso e utopia politica… la crescita si pensa come l’aumento illimitato e indefinito delle possibilità di vita. SI DEVE: non si può non crescere..
L’uomo contemporaneo non riesce a immaginare altri modi per esprimere la propria volontà di potenza, che è poi volontà di vita
Dimensioni spirituali e meno materiali, come l’arte o la mistica, per quanto non del tutto assenti non hanno la forza per costituirsi come alternative credibili
L’errare senza sosta e senza meta della stessa potenza dell’oltre (De martino -la fine del mondo)
Nella tarda modernità tutto è schiacciato sulla dimensione mondana, e le due direttrici della nostra esistenza, il tempo e lo spazio, prendono forma di conseguenza.
Sull’asse del tempo, si procede sulla strada della continua accelerazione. Il circuito potenza volontà ha bisogno di girare sempre più in fretta…si deve correre sempre più
Pg 117
La pandemia è andata a toccare tutte le nostre fragilità. Quelle personali e quelle istituzionali
Viviamo di più e meglio. E questa è una gran bella cosa. Ma contemporaneamente aumenta il numero delle persone vulnerabili.
Riusciamo a salvare vite, curare malattie, sostituire organi…ma la realtà della condizione contemporanea è ben diversa (persone fragili e vulnerabili)
Il virus ha portato alla ribalta questo paradosso
A essere colpiti sono i grandi nodi della realtà globale (soprattutto le grandi metropoli)
Dove si viene a creare un mix peculiare di potenza e fragilità
E’ tempo oggi di riterritorializzare il welfare
Pg 120-121
La natura umana è quella di nascere e morire nella fragilità. La vita e la morte sono i due limiti inalienabili entro cui si gioca la nostra esistenza
La fragilizzazione della vita che prima o poi riguarda tutti, rimane per lo più confinata alla sfera privata
Pg 123
Il covid rilancia il tema del ruolo e del significato della fragilità come una delle questioni centrali per definire l’agenda dei prossimi anni. Anche se la sua eliminazione fa pare dei nostri sogni, la fragilità non è un fardello che possiamo scrollarci di dosso una volta per tutte
La fragilità va protetta, ma prima ancora va riconosciuta
Moltissimi sono i campi di intervento
La sanità, che è fondamentale che resti un bene pubblico..
È tempo di tradurre in nuove politiche di sviluppo intergenerazionale
Pg 131
Fragilità e cura: le cose fragili vanno maneggiate con cura
La natura è fragile
Prendersi cura è un modo diverso di pensare al nostro rapporto con la realtà- Diverso dal dominio e diverso dal contratto
La cura è un compromettersi con l’altro, un “sopportarlo” che è anche un sollevarlo, un prenderlo in braccio con leggerezza
Pg 132
Se pianto un fiore e non lo innaffio, quel fiore muore
Se do inizio a una storia d’amore e non la alimento, l’amore si spegne..etc
Ciò che abbiamo fatto esistere o che ci viene affidato dobbiamo continuamente farlo essere, creargli spazio, rinnovarlo. E intanto in questo movimento anche noi siamo fatti “essere” ci rigeneriamo.
La cura ha effetti che non sbiadiscono e ricuce il tempo.
Curare richiede proprio saper ri significare il tempo
La cura non è qualcosa riducibile alla sfera privata.. nè tantomeno lavoro specifico delle donne
La parola cura ha infatti una radice sanscrita Ku, che viene da Kau (osservare) . C’è dunque un legame anche con il sapere. O meglio con la sapienza, il conoscere la totalità di se stessi, mente corpo e cuore
La fragilità possiamo disprezzarla, rimuoverla, sfruttarla. Ma possiamo anche prendercene cura e questa sollecitudine guarisce prima di tutto noi stessi, le nostre stesse fragilità mascherate da durezze.
Pg 135
Non ci sarà futuro senza cura
Pg 137
Curarsi di qualcosa significa infatti essere capaci di attenzione, preoccuparsene
La cura permette di riconoscersi parte di un intreccio di vincoli e di reciproche connessioni
Pg 140-141
Il venir meno delle certezze religiose politiche etc, ha accelerato il credo verso la scienza e la tecnica (mia traduzione9
Le “certezze” che la scienza ci può offrire saranno sempre inadeguate
Nelle società religiose del passato, le scritture facevano riferimento all’intervento divino teso a punire i malvagi, gli impuri i peccatori. Nella prospettiva politica, la colpevolizzazione tende a spostarsi nei confronti di un gruppo sociale…il nemico, l’avversario di classe…
Pg 142
La nostra vita non è mai stata tanto sicura eppure la nostra società è assediata dalla paura.
Come se la sicurezza non fosse un bene saturabile.
Per esempio la paura della violenza urbana è andata crescendo proprio mentre i numeri registravano la sua riduzione. La conclusione di queste ricerche è che il senso di insicurezza sia figlio della cattiva informazione: invece di andare a cercare i dati effettivi, molti si affidano a impressioni emotive che distorcono la realtà.
Pg 144
Il problema della rimozione della morte
Porta alla incapacità di elaborare collettivamente l’insicurezza latente
Religiosi dovrebbero leggerlo per aiutare i fedeli a interpretare la realtà ed a proporre sul piatto della bilancia le verità di fede, le uniche in grado di contrastare veramente le situazioni …..ed a spingere a coinvolgerci anche nel concreto ..
Pg154
La politica si è rivelata fortemente dipendente dalla scienza
oggi è evidente che la politica non è più in grado di costruire un orizzonte di senso comune oltre il presente. Più semplicemente essa gioca un ruolo importante ma limitato, di regolazione dei processi all’interno di un quadro molto più ampio che coinvolge una pluralità di soggetti interni ed esterni alla sfera della sovranità politica.
Religiosi dovrebbero leggerlo per aiutare i fedeli a
interpretare la realtà ed a proporre sul piatto della bilancia le verità di
fede, le uniche in grado di contrastare veramente le situazioni ed a spingere a
coinvolgerci anche nel concreto ..
Pg 154-155
La politica si rivelata fortemente dipendente dalla scienza..
Nessun autocrate può disinteressarsi del gioco complesso dell’interdipendenza planetaria che ridefinisce la sovranità.
Le grandi religioni sono chiamate nella loro impotenza e “inutilità” a esprimere il senso religioso dell’uomo in forme e parole inedite.
A questo punto occorre chiedersi se la gracilità della fede non possa costituire un passaggio necessario per una vera conversione religiosa della società contemporanea
Le religioni capaci di cogliere i segni dei tempi…. sono quelle che sanno accompagnare con la preghiera ed attraversare l’insicurezza costitutiva ed eliminabile della nostra comune condizione.
Lo scoglio che va superato se si vuole superare la crisi ...non farsi schiacciare dall’angoscia ma nemmeno cercare di nasconderla nuovamente .. provare a diventare collettivamente più consapevoli del fatto che possiamo cercare di migliorare, ma che non potremo mai dominare la realtà.
Pg 158
…man mano che si superano i momenti più drammatici di angoscia tende a trasformarsi in rabbia che può a sua volta scatenare la violenza
Pg 159
Il trauma e la consapevolezza della precarietà che ne deriva. Quando non è rimossa ma elaborata può permettere la riapertura dell orizzonte dei possibili
Pg 162
Si tratta di riuscire a stabilire una relazione di fiducia con la realtà
Ma qui sta il problema come avere fiducia in un mondo crollato?
Il termine fiducia è la versione moderna del termine fede. Parola latina che significa corda, legame
La fede/la fiducia è ciò che ci lega agli altri e alla realtà e che ci permette di reagire, di prendere iniziative
Pg 163
Quello di cui abbiamo bisogno oggi è una fiducia che inclini di più verso la fede, come capacità di fare passi che non sono già assicurati. Per questo sarebbe preferibile usare il termine “affidamento”, che a differenza di fiducia che è statico, da il senso del processo.
La psicologia ci dice che la capacità di affidarsi si affonda su una esperienza di attaccamento
Pg 164
I tre schock globali, 2001/2008/2020 hanno mandato in pezzi la narrazione che è andata sotto il titolo di globalizzazione
Le vere questioni del dopo pandemia non sono tanto quelle del quando o del cosa, ma sono quelle del come e del perché
Pg 165
Per ricostruire la fiducia in condizioni di elevata incertezza, abbiamo bisogno di nuove autorità, che aiutino i cittadini, le imprese, le associazioni i gruppi sociali a non rimanere bloccati nell’angoscia bensì mettere in gioco le loro capacità, sentendosi parte di uno sforzo comune.
Pg 166
..ricordarci che non camminiamo mai da “soli” ma con tutta la storia personale e umana del saper camminare.
Pg 169
Al terzo shock globale in meno di vent’anni, occorre riconoscere che c’è una falla nella nostra intelligenza collettiva.
Pg 170
Abbiamo bisogno di ricostruire un tessuto sociale fatto di luoghi e relazioni, dove le persone in carne e ossa possano esprimere la loro unicità
…abbiamo bisogno di imparare a dialogare tra noi ed accompagnarci a vicenda
Dopo decenni di individualizzazione il rapporto tra individuo e società è pronto a rovesciarsi nel suo contrario
È il momento di ripensare il nostro modo di intendere, di vivere e di organizzare la libertà come – responsività – risposta non allo stimolo del momento, ma alla realtà che non può essere rimossa, agli altri, al mondo, al legame fondamentale che ci unisce
Pg 172-173
Siamo la società dell’insicurezza. E oggi quello che ci aspetta ci sembra ancora più incerto
Tutta la tecnica e la crescita del mondo non elimineranno mai la morte
Il post covid può essere l’occasione …per aprire un nuovo ciclo storico
Il tempo della modernità liquida, sorta dopo la crisi della fine anni’60 e affermatesi nel corso degli anno ’90 e 2000, è terminato.
Pg 174
Il corpo sociale non è una macchina da riparare ma un meccanismo che oggi ha bisogno di rigenerarsi.
Si tratta di ricostruire un ponte che non c ‘è..
(l’immagine del ponte già proposta da altri autori nel testo citati)
Mentre siamo ancora alluvionati si tratta di riuscire a mettere mano all’opera di un ponte che ci permetta di arrivare all’altra riva.
Pg 176
La speranza non è per nulla uguale all’ottimismo.
La speranza è una promessa. Essa ha fondamentalmente a che fare con la convinzione che l’essere umano è capace e intelligente…e di superare il dato di fatto ed il proprio limite con un’ azione che ha valore.
La speranza è una visione..
La speranza una virtù ...esige il coraggio e la capacità di combattere contro le difficoltà. Di resistere
La speranza è una costruzione…richiede di un saper fare, un saper vivere, un saper pensare, insieme alla capacità di mediare e di risolvere i conflitti che inevitabilmente insorgono
Una costruzione in cui le persone si sentono di contribuire a un orizzonte comune che orienta l’agire.
Consapevolezza indispensabile per fondare e alimentare la solidarietà.