TESTIMONE PRIVILEGIATO

Testimone privilegiato

Diario di un sacerdote in ospedale COVID

Ignacio Carbajosa

Itaca Edizioni  € 12,00


E’ un libro molto toccante! Come non essere così, la dove si tocca con l’animo il dolore, la sofferenza, la vita e la morte, il confine tra la vita terrena e quella eterna.

Già il titolo fa pensare a qualcosa che sembra stonato: - Testimone privilegiato – noi che nel mondo reale fuggiamo non solo il Covid, (ovviamente) ma anche ogni qualsiasi minima relazione con la sofferenza, siamo si grati a medici e infermieri per il faticoso lavoro svolto,  ma pensare che qualcuno lo possa considerare un privilegio!

 Per accettare questo, occorre fede, occorre essere sostenuti dall’Alto, e comprendere che si è mandati! Credere come dice nella frase che sotto ho riportato;

 “Sono un sacerdote, sono stato chiamato a dare la vita. Non a preservarla”

 E’ straordinaria la testimonianza di questo sacerdote spagnolo che nel tempo del covid ha accettato (nonostante insegnante e studioso di sacra scrittura) di non rinchiudersi sui libri e di andare in un ospedale semplicemente per “fare il suo lavoro”, benedire e pregare con e per i malati, anche molti sacerdoti e religiosi/e.

 E’ una lettura che consente di comprendere un pochino di più il senso della croce e della salvezza che la morte in croce di Gesù nostro Signore ci ha donato, e forse anche di prepararsi a questa “sorella morte corporale”, di cui tutti comunque faremo esperienza, spesso anche preceduta da malattia e sofferenza.

 Un testo consigliato a chi opera in quel settore, - forse potrebbe vedere la propria esperienza lavorativa in modo diverso -, e a tutti coloro che vogliono conoscere un’ esperienza vera e forte di fede, una chiesa in uscita e una chiesa santa e non solo quella (ahimè c’è anche) che i media ci propongono.

 Come mio solito riporto alcune frasi significative:

 Pg 14

Sono un sacerdote, sono stato chiamato a dare la vita. Non a preservarla

Ma mi inquietava particolarmente la prospettiva che il dramma che incominciava a essere vissuto.   …..non fosse vissuto con un significato. In altre parole sentivo l’urgenza che la fede cristiana, la speranza e la carità potessero raggiungere tutti color che soffrivano. Se la fede non serve per questi momenti a cosa serve?

Pg 30

Non entro semplicemente con una parola di incoraggiamento. Forse quello possono trovarlo nei parenti, o per telefono, e sanitario

Io porto loro un gesto di Cristo…Ma Cristo si china su quanti sono ricoverati negli ospedali, per toccarli con la sua forza che va oltre il sentimento.

La vita non è un gioco e chiede significato.

Pg 46

C’è stata data la coscienza di noi stessi per renderci conto che dipendiamo, che siamo fatti per diventare grati all‘Essere, non per affermare la nostra autonomia. L’ospedale è il luogo dove la pretenziosa affermazione dell’autonomia rivela tutta la sua irrazionalità

Quanto è difficile soffrire senza la coscienza del bambino che sa che deve dipendere dalla madre

Pg 52

E ’in pace dopo l’unzione. Ancora una volta ancora il mistero dell’essere umano; in mezzo alla debolezza più assoluta, viene alla luce, espresso in una lacrima, il desiderio di eternità che ci costituisce

Pg 61

Gli parlo del santo e paziente i Giobbe. Siamo figli dell’obbedienza. Da bambini obbediamo. Quando cresciamo c’è ne dimentichiamo. Ora, malati è tempo di obbedire di nuovo.

 Pg 97/98

E allora che inizia in me il lavoro della ragione, quello stesso lavoro che Gesù costrinse i suoi discepoli a fare nella barca, quando il giorno dopo la moltiplicazione dei pani, si preoccupavano perché avevano dimenticato il pane. Avevano davanti a sé il panettiere, e l’avevano già dimenticato

(rif MT 16, 5) Nel passare però all'altra riva, i discepoli avevano dimenticato di prendere il pane.

Pg 99

Quando entro in ospedale, quest’avvenimento nuovo che ha cambiato la storia entra con me. Entra una conoscenza nuova di quel problema che tutti devono affrontare: la sofferenza e la morte. E mi sorprende vedere che l’avvenimento Gesù dilata la mia ragione.

Pg 109

Mi rivolgo a lei come religiosa: guarda la croce addirittura il figlio di Dio non ha avuto problemi a gridare al Padre: perché mi hai abbandonato? ...che il grido di Gesù diventi il tuo. Hai davanti a te Uno a cui puoi gridare, a differenza di molti malati senza fede. Guarda il crocifisso.

 Pg111

E’ la stessa cosa che diciamo nel Padre nostro. Gli dico che dobbiamo chiedere che ci sia chiaro che la volontà di Dio è più interessante e fruttuosa della nostra…/Di solito pensiamo il contrario. Gesù sulla croce non era un superuomo. Era figlio. Dipendeva dal Padre e a Lui gridava

 Pg 112 (lo sguardo) Gli prendo la mano e preghiamo. Occhi aperti dopo l’amen e il silenzio che segue, mi guarda fisso. Sostengo il suo sguardo, passano almeno 30 secondi. Noi adulti sosteniamo solo lo sguardo di un bambino piccolo o di una persona vicina e amata. Sostenere lo sguardo significa spogliarsi completamente, far entrare l’altro mostrare la nostra vulnerabilità

 3/10/20